[TRE CONSIGLI] per una vita migliore

A cura di Max Alloisi

Questo è il tipico articolo che uno si aspetta di trovare su una webzine come questa e, allo stesso tempo, spera sempre di scamparsi. Quando il caporedattore me l’ha assegnato, gli ho detto: “Max, ma l’hanno fatto altri ventimila siti prima di noi. Perché?” “Perché gli altri non avevano te,” mi ha risposto lui. E allora eccomi qui.

Tre consigli per una vita migliore non è una bibbia. Non è un vademecum. E, soprattutto, non è manuale. Non sono i consigli di un santone che le ha vissute tutte, né di un uomo in punto di morte, che sa esattamente cosa dire e a chi. È un elenco fatto da un pubblicista trentenne che, quando gli va bene, guadagna due euro ad articolo. Fatene ciò che volete.

         TRE CONSIGLI PER UNA VITA MIGLIORE:

  • Prendete il meglio possibile da ogni attività che fate. Anche la più piccola, anche la più misera. E se una cosa vi sta annoiando, anche solo un po’, mollatela. Immediatamente. Continuate a farla solo se siete certi che, nel brevissimo termine, possa diventare almeno… stimolante.

  • Riducete la vostra vita a un unico obiettivo a lungo termine. Solo uno. Due sono troppi, il secondo vi distoglierebbe dal primo, e vi riuscirebbero entrambi… a metà.

  • Ogni qualvolta vi trovate davanti a un bivio, prendete la scelta che vi fa avvicinare di più all’obiettivo del punto due. Solo questo. Fate tutte le scelte in base a quello. E se la scelta riguarda una cosa che non c’entra niente – ed è rarissimo che accada: ogni vostra scelta coinvolgerà l’obiettivo… sicuro! –, utilizzate questo semplice principio base: “se fossi certo di morire domani, quale delle due strade prenderei?”, è il dado sarà tratto.

In poche parole, provate ad applicare la vostra morte alla vostra stessa vita. E vedrete che quest’ultima migliorerà. Come? Non dimenticandovene. Non dimenticandovi che la morte esiste. La vostra vita migliorerà vivendola in prospettiva della nostra morte. E così, tutto diviene molto più facile da sopportare. Se ve lo dico io, che guadagno due euro ad articolo quando va bene… credeteci.

[CINQUE COSE] per cui non vale la pena sprecare tempo

A cura di Max Alloisi

L’ultimo articolo, quello sui tre consigli per una vita migliore, ha ricevuto un sacco di commenti, ed è piaciuto moltissimo. Maledetti. Così, mi son ritrovato a doverne scrivere un altro, all’incirca sulla stessa riga. E non per un euro di più. Maledetti.

Se i Tre consigli vertevano sulle cose da fare attivamente per migliorare la propria vita, oggi prendo la questione dal punto di vista inverso: quelle che state per leggere sono Cinque cose per cui non vale la pena sprecare del tempo.

         COSE PER CUI NON VALE LA PENA SPRECARE TEMPO:

  1. La vita è troppo breve per passarla a litigare. Sembra banale anche questo, ma solo se si pensa a questo punto quando si vive un momento di pace, ma banale non lo è. A cosa porta un litigio? Se dovete litigare, fatelo. Ma solo se è certo che porti a qualcosa di buono. Per inciso, non lo è quasi mai. E se proprio dovete litigare, fatelo nel più breve tempo possibile. Affrontate l’argomento che ha portato al litigio, senza rivangare il passato o prolungare il malumore. La maggior parte delle volte, dal litigio non se ne esce. Quindi? Non partite neanche.

2. La vita è troppo breve per sopportare/frequentare/interagire con chi non vi va troppo a genio. Il mondo è pieno di persone interessanti, stimolanti, interessate a voi e che valgono il vostro tempo. Ma quante sono, davvero? Quante ne avete conosciute? Così, solo per racimolarne quelle poche, vi siete circondati gente “sopportabile”, ma del tutto priva di quelle quattro caratteristiche. Dedicate a queste ultime poche, pochissime, energie e poco del vostro prezioso tempo. Avete di meglio da fare.

3. La vita è troppo breve per passarla ad esser timidi. Sotto-testo: provateci con chi sentite che potrebbe essere il vostro partner, con chi vi solletica la mente, gli ormoni, con chi vi fa provare qualche brivido, senza pensarci su troppo. Vedrete: c’è più da guadagnare che da perdere.

4. La vita è troppo breve per non essere utilizzata a vedere più porzioni di mondo possibile. Se non avete obiettivi, mettetevi questo! Spostatevi. Trasferitevi. Se fate un lavoro che ve lo consente, spostate la vostra base. Se fate un lavoro che vi fa mettere per decenni radici, mollatelo. E spostatevi. Adorate il posto in cui siete cresciuti? Bene, spostatevi. E quando tornerete lo adorerete ancora di più: gli odori che vi fanno stare bene, quello che vi riempie gli occhi… sarà bellissimo ritornarci. Il posto non scappa. Odiate invece il posto in cui state? Beh, di cosa stiamo parlando? Siete ancora lì a lamentarvi?

5. La vita è troppo breve per passarla a preoccuparsi di parcheggiare bene. O a fare bene qualunque cosa che non sia vitale per il nostro benessere, ovvero: 1, mangiare; 2, dormire; 3, scopare; 4, il vostro obiettivo a lungo termine; 5, ciò che davvero vi piace. State facendo qualcos’altro oltre queste cinque cose? Mi spiace, potete far meglio.

La vita è breve, è appurato. E bisogna passarla in pace, in libertà e necessita di essere vissuta al 100%. E le regole, non fanno altro che ostacolare e impedire questa libertà. Quindi, dimenticatevi tutto quello che ho scritto, in questo articolo e nel precedente. Vivete come vi sentite. Quella è l’unica scelta giusta.

E smettete di commentare ‘sta robaccia, vi prego. Voglio scrivere altro.

CREW MEMORIES: Spider ’91

Ehi voi, TOC TOC!

         La rubrica “Crew Memories” di oggi è davvero speciale come non mai!

         Cari compari della Crew oggi, solo per voi, abbiamo recuperato un’intervista a Spider, il mitico frontman dei Blackhole datata – pensate un po’ – 1991!

         È un’intervista che gira da parecchio, e molti di voi l’avranno sicuramente già vista, alcuni altri non l’avranno fatto, ma i più, di certo, la sapranno a memoria!

         È andata in onda in una miriade di televisioni, si trova anche in giro nel web, ma nessuno ve la racconterà mai così come oggi la faremo noi! Ci credete che abbiamo ricevuto la registrazione integrale e senza tagli di quel momento!? Che bomba ragazzi!!

         Cosa troverete di bello se l’avete già vista? Tutto. Perché grazie a questa registrazione abbiamo scoperto che le parti più succose, Spider, le regalò a telecamere spente. C’è da rivoltarsi le mutande in testa per quello che dice, leggete un po’ qua! (Capirete molte cose: il perché di quello strano album acustico uscito di sorpresa, ma anche di quell’altro che non riuscivano a dare alle stampe mai! Anticipiamo: Theo era ridotto davvero male!)

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Siamo qui con Spider, cantante dei Blackhole, cominciamo appunto da questo: quando sei diventato un cantante?

SPIDER (telecamera accesa): Beh, bella domanda. Credo che uno ci nasca cantante, credo, immagino che lo capisca da subito uno… intendo, a cosa uno è portato, e a cosa no… Credo che il momento specifico sia quando ho visto per la prima volta Frank Sinatra in televisione, sì… probabilmente è lì che sono diventato un cantante. Avrò avuto cinque anni…

SPIDER (telecamera spenta): Dai! Ma che cazzo di domande mi fai? “Quando son diventato cantante?” Ma è un concetto astratto troppo, dai! Facevi prima a chiedermi direttamente quando sono diventato uomo…! Scusa…! Pure questa stronzata di Sinatra… (ride) non ci crederà mai nessuno!

INTERVISTATORE (telecamera spenta): Vuoi che la rifacciamo?

SPIDER (telecamera spenta): Ma no, non c’ho voglia! Tagliala!

INTERVISTATORE (telecamera spenta): Va bene.

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Senti Spider, ci puoi spiegare il perché del tuo nome? Forse alcuni amici a casa ancora non lo sanno…

SPIDER (telecamera accesa): Mi è già capitato di raccontarlo, è un po’ banale. Semplicemente Guglielmo, il nostro ex batterista me ne aveva venduta una sgangheratissima, di macchina dico…  di spider… con questo tetto di tela che non veniva mai su e allora si girava sempre col tetto aperto anche d’inverno… la gente mi riconosceva per quello! E niente, mi son preso il nomignolo… Sai, l’ho tenuta fino a poco tempo fa… Bella macchina, anche se dava un attimo nell’occhio! Non si contano le volte che ho guidato sotto la pioggia mentre qualche tipa mi teneva su l’ombrello… senza doppi sensi! (ride)

INTERVISTATORE (telecamera spenta): Ma è vera questa storia?

SPIDER (telecamera spenta): Ma che cazzo! Ovvio che no! È perché una volta in una sala prove schifosissima che avevamo, che era invasa dal peggio che il regno animale ha creato, faceva un caldo infernale… io cantavo in mutande… e un ragno mi ha punto il pisello.

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Spider, ci hai parlato di Guglielmo, abbiamo letto che sta con una ragazza giapponese adesso, siete rimasti in contatto?

SPIDER (telecamera accesa): Sì, certo. È come un fratello per me, l’ho conosciuta, Mayko, bella donna. È comunque è Coreana, non Giapponese… è diverso…

SPIDER (telecamera spenta): Una figa d’altri tempi. Altroché! Ci stavo provando io, ma l’aveva adocchiata anche lui. Che abbiamo fatto? Ce la siamo giocati a morra cinese, un gioco che abbiamo imparato in tour e ha vinto lui… Maledetto! Gran figa Mayko, sì… taglia, taglia! (ride)

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Continuando a parlare di Guglielmo, abbiamo saputo che ha deciso di cambiare nome, che ci sai dire?

SPIDER (telecamera accesa): Che è vero. Infatti anche io poco fa l’ho chiamato Guglielmo, mi scuso… ma mi ci devo ancora abituare. Niente, ricordiamoci: si chiama T-h-e-o. Che mi piace, è molto cazzuto devo dire. Non quanto il mio ovviamente… (ride)

SPIDER (telecamera spenta): Messo insieme mi ha fatto un sacco ridere, se li pronunci uno di seguito all’altro sa di Guglielmo Tell, non trovi? (ride) Gliel’ho detto a Guglielmo, e lui mi fa “e chi cazzo è?”, e io “ma che cazzo ne so!” (ride)

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Nuovi progetti? State per entrare in studio vero?

SPIDER (telecamera accesa): Sì, abbiamo l’album quasi pronto, uscirà a breve… mancano solo le ultime parti da registrare, vi posso rivelare il titolo, si chiamerà “Hole in the holy sky”, cazzuto, no?

SPIDER (telecamera spenta): Siamo completamente in merda. Spegni la telecamera. È spenta? …Guglielmo è fuori. È fuori dal gruppo. L’album è in alto mare per colpa di quel bastardo, non puoi capire in che cazzo di condizioni si presentava in studio ogni giorno, fatto come una mela cotogna… bella grana, ci toccherà prendere un nuovo batterista, fanculo a lui, pensa di essere immortale…

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Quindi le voci che sta per uscire un album doppio coi vostri pezzi risuonati in chiave acustica è falsa?

SPIDER (telecamera accesa): No, no è verissima! Un album con due dischi che verrà venduto al prezzo di uno singolo.

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Che scoop. Saranno felici i vostri fan… Come mai questa scelta controcorrente?

SPIDER (telecamera accesa): Ma perché la gente, lo sappiamo… che adora acquistare due cose in uno, fa parte dell’uomo, no? …le offerte al supermercato, gli shampoo con il balsamo… anche quello… non è forse un due in uno? Ma ci sono anche le patatine che compri col ketchup già dentro… cioè… il due in uno è cazzuto…

SPIDER (telecamera spenta): …scopare con due tipe poi, ne vogliamo parlare?

INTERVISTATORE (telecamera accesa): Grazie Spider.

INTERVISTATORE (telecamera spenta): Chiudiamo qua. Abbiamo abbastanza materiale direi.

IL DITEGGIATORE DELLO STATO LIBERO DI BANANAS

Luglio 2015

         Sedici Giugno Duemilaquindici, entro nello sfarzoso hotel in cui alloggia Vik J., il chitarrista dei Blackhole. Nel mentre che faccio spazio a questo lusso accecante nell’interno della mia pagana anima, penso immediatamente a due cose: a quanto dev’essere strano vivere in un hotel (avete letto bene: se non lo sapete Vik ha proprio la residenza in albergo, anche se a noi comuni mortali questa cosa può sembrare incredibile), e di come dev’essere strano parlare con qualcuno che dice continuamente la parola «Banana».

         Per chi non sapesse nemmeno questo, Vik (chiamato appunto «Banana», ma solo da chi ha con lui una confidenza estrema) ha questa rara forma di Sindrome di Tourette – un disordine già raro di suo – per cui è come se fosse “obbligato” a dirla in continuazione. È anche questo uno dei motivi per cui non rilascia quasi mai interviste (sono infatti rarissime le sue dichiarazioni presente nei nostri archivi), e che non parla mai in pubblico. Si limita a suonare e beh… in quell’attività recupera alla grande tutte le parole non dette.

         Torniamo a noi; avevo appuntamento alle 11 del mattino, perché si sa, gli artisti rock non amano mai alzarsi troppo presto, mi aspetto dunque un notevole ritardo adeguato alla fama e invece mi accorgo che, anche se di soli quattro minuti, ma sono in ritardo io. Vik mi attende in una specie di salottino creato probabilmente dallo stesso arredatore della reggia di Versailles, ma non pare spazientito, anzi, pare nel bel mezzo del raggiungimento del nirvana, butterei lì. Mi accoglie come se quella fosse casa sua (e in effetti un po’ lo è veramente) in un’ala in disparte del primo piano dell’edificio, che credo sia stata esplicitamente richiesta per far sì che il mio intervistato non si sentisse a disagio nel parlare vicino a qualcuno per il motivo sopracitato.

         Mi accoglie con un «Buongiorno, banana. Benvenuto, banana, banana». Riesco a trattenere, non so con quale forza, quello che mi sta succedendo dentro; quelle cinque parole mettono enormemente alla prova i miei solidi freni inibitori.

         Non pensavo la dicesse con così tanta frequenza.

         Ci accomodiamo. È gentile e dai modi garbatissimi, per essere una rockstar. È vestito come non pensavo, ma scopro immediatamente il motivo, sia della precisione dell’orario in cui si è presentato, sia della sua particolare tenuta: «Abbiamo mezz’ora, banana, le può bastare? Banana, banana, alle undici e trenta, banana, mi attendono per la partita di banana di golf».

         Me la farò bastare, rispondo io. E muoio un paio di volte.

         Continuo coi ringraziamenti di rito, ma che hanno una valenza speciale con Vik. La morte di Theo Manero, il celebre batterista dei primi Blackhole è ancora fresca, e gli altri membri del gruppo, se menzionato l’argomento, si chiudono in un silenzio che, per i più maliziosi, ha quasi il sapore di un qualcosa da nascondere. Vik (o meglio, il suo agente) mi disse che non ci sarebbe stato alcun problema se avessi affrontato l’argomento, ma che anzi, era quello il motivo principe per il quale mi aveva concesso l’intervista.

         Esordisco quindi immediatamente con una domanda rilevante, e pare quasi che il mio intervistato non attenda altro, glielo leggo negli occhi: «Sì, fa male, banana cristo, fa malissimo. Era un fratello banana, allampanato come i banana migliori artisti, banana. Hai presente, banana, quei banana tipi che dicono di essere diventati banana poeti il banana giorno che hanno visto banana scendere dal cielo una banana goccia argentata? Banana. Ecco: Guglielmo, porca banana puttana, non era proprio di banana questi. Era vero. Banana. Uno che banana si è fatto da banana solo. Respect».

         In elogi a Theo se ne vanno via almeno dieci minuti, che, sommati al mio ritardo e alla presentazione iniziale, riduce già a metà il tempo a mia disposizione. Domando senza indugi, a questo punto, se è vero quel che è trapelato in giro, ossia che il nuovo gigantesco tour che partirà di lì a breve sarà interamente dedicato a Guglielmo (a loro piace ancora chiamarlo così, è una cosa che so per certo), e che è stata rimandata la partenza proprio per renderlo più Theocentrico (ride dinanzi a questo mio neologismo «lo userò cazzo banana, “Theocentrico” cazzo: questo, banana cazzo, lo userò!»). Mi dice che è vero, e che si pente parecchio per tutto quello che in passato è avvenuto fra Theo e la band, e ammette con testuali parole: «Siamo stati delle gran teste di cazzo noi, a sbatterlo fuori anziché dargli una mano per uscire dal balordo tunnel in cui si era infilato; egoisti, giovani e bastardi siamo stati. Eravamo lanciati, e lo abbiamo lasciato indietro. Siamo finiti in orbita, e lui è rimasto a guardarci dalla terraferma. Saremo maledetti per questo, lo so». Ovviamente aggiungete alla frase trascritta almeno una dozzina di caschi di banane sparsi qua e là.

         Mi rivela inoltre quello che già so, ma che sentirlo dalla sua bocca fa estremamente piacere: i Blackhole esistono grazie a Theo, e si pente ancora (fa continuamente il gesto di congiungere le mani e guardare in alto, come a pregare una qualche divinità protettrice delle banane, lassù), e dice che il nome del tour “Theocracy” è solo l’inizio, per dare Theo alla storia della musica rock, come è giusto che si meriti.

         Chiudo con l’intervista, e gli ultimi cinque minuti li utilizziamo per scherzare e, ovviamente, da buon membro dei Blackhole (anche se ha sessant’anni “suonati” – nel vero senso della parola) si finisce per parlare di sesso. Mi è rimasta questa sua piccola massima, una minuscola teoria, chiamatela come volete, che vi voglio donare citandola testualmente: «…e banana ricordati, che la banana cosa che più banana ha fatto per la libertà banana sessuale della storia, è stata porca banana, l’invenzione delle fottute banana automobili col banana di tetto chiuso, amico».

         Ridendoci su, e carico di potassio come non mi sono mai sentito in vita mia, ci salutiamo, e lo lascio finalmente in pace col suo fottutissimo ego.

THEO TANERO: DIMENTICATO ARTISTA DA DIMENTICARE

         [15 agosto 2014]

         Il mondo della musica ne è pieno. Pieno di falsi miti, e di miti da sfatare. Theo Tanero (al secolo Guglielmo Tanero) è uno dei miti che si devono dimenticare.

Chi, tra di voi, ricorda un suo assolo di batteria? O un suo passaggio rullante-tom-timpani così folgorante da mettersi le mani nei capelli e decidere di buttar via le proprie bacchette perché scoraggiato? Non c’è bisogno di alcun censimento: la risposta è senza alcun dubbio “Nessuno”.

         E questo perché? Perché è uno da dimenticare.

         C’è qualcuno di voi che ancora crede che quell’omuncolo sia un idolo?

         Questo articolo – ironico – è per voi, compari della Crew!

Istrionico, dannatamente bello, talentuoso e camaleontico, è diventato famoso più che per la sua militanza nei Blackhole quanto per quello che combina da sempre nella sua vita privata. Camere d’albergo distrutte, leggende di vigliaccate pesantissime verso i suoi colleghi, ma fattore anche di figli sparsi in ogni tappa delle tournée degli anni in cui girava coi Black!

         Theo Tanero (il Maledet-theo come ci piace rinominarlo per via delle sue bravate che lo hanno proiettato dritto nella storia del rock moderno) è il protagonista della cover story di questo numero. In copertina una sua foto scattata solo qualche giorno fa, mentre si preoccupava, con tutte le sue forze, di aggredire uno dei nostri fotografi. Non lo riconoscete? Dite che sembra invecchiato di 90 anni? Vi assicuriamo che invece è lui, l’inossidabile Theo. Ammettiamolo, non è venuto benissimo…

         Perché se l’è presa col nostro fotografo? Semplice. Perché è LUI!

         Spieghiamo per chi avesse ancora dubbi: eravamo d’accordo, col suo manager, di fare un bel servizio fotografico da correlare all’articolo di questo mese; ovviamente Theo, appena uscito dalla clinica, ne era a conoscenza (ah, si trattava dell’ennesimo ciclo di cure: diavolo, ormai la sua biografia degli ultimi 40 anni si può condensare in un elenco di cliniche dove è stato per curarsi da tutti i vizi che possiate immaginare!), che personaggio!

         Dunque, si diceva che si stesse ristabilendo, per cui giornalista, fotografo e assistenti avevano appuntamento in una delle sue mega-ville (quelle che leggenda-vuole siano state acquistate in maniere non del tutto legali), per fare foto e interviste del caso: un classico. Ma con Theo la routine non è esiste. Il batterista si presenta con un ritardo assurdo, ma questo ce lo aspettavamo. Quello che non ci aspettavamo è stata l’accoglienza a cazzotti. Come se non sapesse niente, ci ha aggredito non appena visti di fianco al cancello gigantesco della sua villa – dove anche lui stava per entrare – e ci ha trattati come giornalisti qualsiasi che ormai fanno a gara per uno scoop su di lui.

         Fortunatamente, conoscendo di fama il personaggio, siamo scappati a gambe levate, per cui, la foto di copertina siamo riusciti a farla, ma l’intervista è diventata quest’altra cosa che state leggendo: l’ennesima dimostrazione di tutto ciò che non si deve diventare.

         Una sorta di trattato con tema “il perché le droghe fanno male come dicono”, e di “come ti devi precisamente comportare se hai deciso di buttare dentro il cesso un’intera carriera pronta a decollare”.

         Fate mente locale: quando i Blackhole hanno iniziato a diventare ganzi in tutto il mondo?

         Dopo l’uscita di Theo. Sarà un caso?

         [Nel retro di copertina una foto di un centro di recupero che utilizza una gigantografia di Theo proprio come esempio da non seguire – evidentemente non siamo gli unici a pensarla così].

         Ora la nostra consueta rubrica: “LE TRE COSE CHE NON SAI DELL’ARTISTA”:

         – Numero 1: Lo sapevi che Theo ha un fratello gemello? Ma soprattutto, notizia delle notizie, che è un’alta carica della chiesa? Beh, Dio li fa e poi… e poi se ne tiene buono solo uno.

         – Numero 2: Sapevi che Theo prima si chiamava Guglielmo e che poi ha cambiato nome quando la qua carriera era già terminata? (Quella di musicista s’intende, quella di sfasciacameredalbergo stava appena cominciando) Nessuno sa del vero motivo, se lo conoscete scriveteci!

         – Numero 3: Theo ha un tatuaggio stranissimo dietro l’orecchio destro. Un interruttore – un pulsante di accensione, come quello delle lampade di casa, un po’ retrò, con sopra e sotto la dicitura ON/OFF, come se servisse ad attivarli o disattivargli il cervello. È nascosto, ma molti ne sono testimoni; sul web, se andate a cercare, troverete qualche immagine rubata del suo orecchio: notate bene la posizione, sta su OFF. Da qui si possono capire molte cose, no, cari Amici della Crew?